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UNA STATISTICA SULLA SECONDA GUERRA PUNICA

i numeri delle battaglie

Nicola Zotti


Orientarsi nelle molte battaglie combattute nella Guerra Annibalica non è cosa facile, comprendere come queste avvenissero lo è ancor meno. Vediamo quindi di aiutarci con qualche cifra, quelle poche che gli storici antichi ci hanno riportato, tra l'altro anche con varie imprecisioni.

La decisione di scendere sul campo non sembra vincolata alla entità delle forze a disposizione: la differenza media tra gli eserciti è di circa il 10%, ma può arrivare anche al 40%.

Stando alle cifre, infatti, l'armata meno numerosa ha le stesse probabilità di vincere di quella maggiore: su 16 battaglie delle quali abbiamo notizie sufficienti, infatti, 6 furono vinte dalla forza maggiore e 6 da quella minore, mentre 4 non diedero un risultato.

Difficile, però, è forse proprio definire la vittoria: infatti i casi che portarono alla distruzione completa di uno dei due eserciti (una "grande vittoria") sono solo un terzo delle battaglie complessive: delle quali quasi la metà ad opera di Annibale. Il che dà la misura di quanto egli fosse temibile, casomai qualcuno avesse dei dubbi.

Ciò non toglie che i romani, forse per una lieve tendenza da parte di annalisti poco coscienziosi a manipolare qualche dato e qualche circostanza, si addebitarono ben il 50% delle vittorie complessive, mentre ai cartaginesi lasciarono solo circa 1 vittoria ogni 6 battaglie, concedendo una patta su 3.

Il modo migliore per guadagnare una "grande vittoria " era quello di intrappolare il nemico sconfitto in una zona chiusa, per poi compiere una vera e propria mattanza.

Il generale vittorioso poteva confinare il suo avversario in un terreno tanto ristretto da impedirgli di combattere efficacemente, come riuscì ad Annibale alla prima battaglia di Erdonea (212) o a Scipione contro gli Ilergeti (206); oppure ottenendo lo stesso risultato ammassando il nemico in una folla incapace di muoversi, come alla Trebbia (218) o a Canne (216); oppure ancora chiudendo una per una le vie di fuga come in Lucania (212).

Un'altra possibilità era quella di riuscire ad inseguire lestamente i fuggitivi dentro il loro campo, conquistandolo e facendo strage di un nemico ormai senza più difesa, è il caso di Cissa (217) e della seconda battaglia di Erdonea (210).

In altri casi i fuggitivi non avevano proprio alcun luogo in cui rifugiarsi e vennero cacciati dalla cavalleria, come a Saleca (204) e a Zama (202).

Infine ci sono i casi più eclatanti di un nemico sopraffatto con un'imboscata o in un assalto notturno al campo, quando materialmente non aveva modo di reagire: al Trasimeno (217) e ai Castra Cornelia (203).

Comunque, la decisione di affrontare una battaglia è molto raramente senza costi: e Annibale ne è sempre ben cosciente quando affida i compiti più gravosi e pericolosi ai galli anziché alle sue truppe migliori.

Ecco in una tabella riassuntiva gli effetti ipotizzabili di una battaglia.

esito della battaglia
perdite
vincitori
media
perdite
sconfitti
media
prigionieri
patta
5-13%
9%
5-13%
9%
---
vittoria senza inseguimento
0,5-21%
13%
14-33%
29%
6,5%
vittoria con inseguimento
0-5%
2,5%
38-44%
41%
5,5%
grande vittoria
5-20%
13%
48-89%
67%
14%

Il 13% di perdite sembra essere il massimo che un esercito può sopportare senza che ciò ne determini la sconfitta. Oltre questa percentuale si perde, e allora iniziano i guai, perché è garantito o quasi un altro uomo su 8 di perdite, senza contare i prigionieri.

Questo è il caso in cui il nemico non sia in grado di inseguire, una circostanza dovuta essenzialmente a tre fattori.

Il primo e principale è l'accampamento: nel 40% delle battaglie lo sconfitto riesce a riparare e a riorganizzarsi nel proprio campo, ed è indubbiamente una percentuale molto alta.

Il secondo fattore che determina la conclusione del combattimento, sia maturata o no una decisione, è il sopraggiungere della notte: invariabilmente l'assenza di visibilità dà scampo a chi lo cercava e ferma chi non lo voleva dare.

Infine, possono impedire l'inseguimeno particolari condizioni del terreno o meteorologiche, o una loro combinazione come avvenne alla Trebbia (218).

Le sciagure iniziano se non si ha un campo dove rifugiarsi o se la notte non arriva abbastanza in fretta. In questo caso un nemico ancora fresco ed in forze si impegnerà in un inseguimento. Questo garantisce tre volte le perdite di una sconfitta "semplice": il 38% dell'esercito nemico in media viene massacrato e c'è una comprensibile minore predisposizione a prendere prigionieri.

Dove le cose si fanno nere davvero è nelle grandi vittorie: tra morti e prigionieri si perdono come minimo i due terzi dell'esercito, ma non senza un costo anche per il vincitore, perché il modo in cui viene ottenuta spesso comporta che il perdente venda molto cara la pelle: il campo di battaglia diventa una specie di pantano per il grande volume di sangue versato, ed è anche difficile non scivolare: quello sparso a Canne sarebbe bastato a riempire una piscina.

Il numero dei feriti non viene quasi mai riportato: e ciò deve lasciar presupporre che non ne rimanessero poi tanti: se uno era in condizioni di andarsene con le sue gambe dal campo di battaglia veniva contato tra i vivi, altrimenti andava a fare statistica coi morti. Il numero dei prigionieri, infine, è tutto sommato abbastanza alto: vendere schiavi è sempre un'operazione redditizia.

Un ultimo dato, relativo alle 4 battaglie principali della Seconda Guerra Punica, per sottolineare un aspetto che non ho mai visto evidenziato. e che aumenta un poco i meriti di Scipione alla battaglia di Zama, riducendo forse, anche se non di molto, i demeriti dei generali sconfitti da Annibale.

battaglia
cavalleria
cartaginese
cavalleria
romana
rapporto
Trebbia
10.000
4.000
250%
Trasimeno
10.000
3.000
333%
Canne
11.000
6.000
183%
Zama
4.000
(+80 elefanti)
5.600
140%

Come si può vedere Annibale nelle sue maggiori vittorie ebbe un vantaggio di cavalleria maggiore di quello che dovette concedere a Scipione: 4.000 cavalieri per il cartaginese (senza contare gli 80 elefanti), contro i 5.600 del romano.

Il che, se da un lato dimostra l'importanza di avere superiorità nella cavalleria, come ricorda anche Polibio, dall'altro indica che Annibale era meno svantaggiato in quell'occasione di quanto fossero stati i suoi avversari in precedenza.