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recce
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gennaio 2004
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In
morte dell'internazionalismo |
"Il
ristabilimento di diritti fondamentali di un popolo,
quando essi sono gravemente misconosciuti, è un
dovere che si impone a tutti i membri della comunità
internazionale".
L'ha detto Bush per giustificare la guerra contro
l'Iraq? No. E' il 30° e ultimo articolo della
Carta di Algeri o Dichiarazione Universale dei
Diritti dei Popoli, promossa da Lelio Basso nel
1976.
Sono
trascorsi quasi 30 anni e si sentono tutti. Quella
dichiarazione era ispirata da sentimenti anticolonialisti
e antiimperialisti che dopo la Seconda guerra
mondiale avevano preso il posto dell'internazionalismo.
L'internazionalismo cosmopolita dei socialisti
era un principio ideale e critico, razionale e
politico: spingeva a cercare i punti di contatto
tra i popoli e ad agire assieme per un interesse
comune.
L'antiimperialismo e l'anticolonialismo, invece,
cristallizzavano differenze impolitiche, scolpendo
nella pietra il nuovo inemendabile peccato originale
dell'uomo bianco: aver colonizzato i continenti.
Danni collaterali? Una sinistra autoflagellante
e in cilicio, completamente assorbita in riti
di autoespiazione collettiva eredi delle antiche
processioni contro le pestilenze.
Che poi i supremi pontefici di questi riti provenissero
dall'unica nazione d'Europa, la Russia, che fosse
riuscita a tenersi tutte le sue colonie, era un
dettaglio da nulla.
Adesso che anche l'anticolonialismo è scomparso,
fagocitato prima dai movimenti ecologisti e poi
dai no global, e soprattutto che il "ristabilimento
dei diritti fondamentali di un popolo" sembra
un argomento di destra, il ciclo potrebbe dirsi
concluso: l'internazionalismo socialista è
veramente morto, probabilmente per sempre.
E' un altro pezzo di "politica" che
se ne va. Ma dell'estinzione della politica dall'ecosistema
umano a nessuno sembra importare particolarmente.
NZ
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Antisemitismo |
La questione non è poi così
complicata.
Per un'alchimia della storia, l'antisemitismo
è la febbre dei totalitarsmi: là
dove c'è antisemitismo, state sicuri
che un male cova nelle fibre di una società.
Questo è vero da secoli, ma è
ancora più vero dopo l'olocausto, ovvero
da quando una nazione ha messo al servizio
dell'antisemitismo tutte le risorse economiche
e sociali della propria civiltà industriale
avanzata.
L'organizzazione burocratica, gli scienziati,
i tecnici, gli industriali, gli intellettuali
di un popolo impegnati per il genocidio.
Burocrati che coordinano, scienziati che studiano,
tecnici che progettano, architetti che disegnano,
industriali che realizzano, operai che eseguono:
un'efficiente catena del valore che ha prodotto
morte anzichè ospedali, Volks Wagen,
fertilizzanti.
Tutta la potenza della civiltà delle
macchine scatenata contro chi professava una
religione (proditoriamente fatta coincidere
con una "razza").
Questo è per ora unico nella storia
dell'uomo. Ma non irripetibile.
NZ
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