Questo è un problema.
L'esercito e la polizia irachene furono sciolte
all'indomani della caduta di Saddam : oggi i volontari
vengono uccisi dalle autobomba mentre fanno la
fila per arruolarsi e le reclute quando tornano
(inermi e senza scorta) da periodi di addestramento.
Forse nuove reclute non mancheranno, a sostituire
i caduti, ma certo sarebbe opportuno dare loro
il tempo di formarsi, almeno impedendo questi
attentati e proteggendole -- o permettendo loro
di autoproteggersi -- se si spostano per imparare
il mestiere.
Temo che ben più grave dell'errore di aver
sciolto le forze di sicurezza nazionale, sia proprio
questa incuria nel costruirle. Una tragica, controproducente,
devastante incuria.
Un esercito dotato di forte spirito di corpo e
fedeltà costituzionale, pieno di orgoglio
e di lealtà nazionale è essenziale
alla democrazia irachena.
Ma a quale modello dovrebbe ispirarsi?
Non può essere una "Guardia nazionale",
una milizia part time di liberi cittadini, sul
modello di quella americana o dell'Esercito svizzero:
la tradizione nell'area è quella dell'esercito
di stato, e non vedo come se ne potrebbe trapiantare
una che nasce da una contraria, individualista
ma cementata da un fortissimo sentimento comunitario.
In Iraq diventerebbe uno strumento per le lotte
tribali.
Neppure si può pensare ad un esercito neocoloniale:
non c'è il tempo che ebbe, ad esempio,
l'esercito indiano. Secoli di guerre e anche di
ammutinamenti, di storie reggimentali che si sedimentano
nel tempo e costruiscono una solida cultura istituzionale
nei quadri e nei semplici soldati.
Temo molto sia difficile farne anche una realtà
veramente nazionale, dviso com'è il paese
in tre trealtà etnico-religiose, più
svariate altre minori.
Ma se c'è un punto da cui partire, in un
paese che ha bisogno di sicurezza, è proprio
la sicurezza di chi deve garantirla: i militari
iracheni devono sentire fortemente che quel ruolo
e quella posizione garantiscono un futuro a se
stessi e ai loro familiari.
Perché hanno armi e sono capaci di usarle,
hanno capi competenti e autorevoli, hanno senso
della disciplina, indossano un'uniforme che rappresenta
un interesse collettivo in cui riescono ad identificarsi.
Ovvero sono "soldati". Dopo essere riusciti
ad arruolarsi sani e salvi e anche a tornare vivi
da un corso di addestramento dove gli viene appunto
insegnato ad essere un soldato: almeno questo,
prima di affrontare un combattimento vero e proprio.
E quello che accadrà loro in quel combattimento
-- avere paura, scappare, essere uccisi -- gli
accadrà da soldati e non da vittime sacrificali.
Insomma, prima di chiedersi a quale modello di
esercito dovrà ispirarsi quello iracheno,
sarebbe necessario almeno averne uno.
NZ
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